domenica 10 maggio 2020

L’uomo Ragno in Italia compie 50 anni. Smart Working, vantaggi e svantaggi. Babylon Berlin, la serie tedesca è giunta alla sua terza stagione.


L’UOMO RAGNO COMPIE 50 ANNI IN ITALIA
Oggi la vendita di fumetti è relegata ad un pubblico sempre più di nicchia in negozi specializzati dove si vendono a prezzi stratosferici graphic novel di solito cupe e pessimiste.
C’è stato un tempo però, 50 anni fa, il 30 aprile del 1970 per l’esattezza, in cui i fumetti si compravano in edicola e ogni albo riservava sorprese infinite e un brivido di trasgressione. Accadde in particolare con l’avvento nell’editoria italiana di una casa editrice spregiudicata che per la prima volta decise di pubblicare in Italia i fumetti americani nel formato originale, cioè quello verticale, un formato fino a quel momento sconosciuto nel nostro paese e, cosa ancora più importante, di pubblicare ogni 15 giorni le storie, rispettando l’esatta cronologia con la quale erano state concepite.
Se poi aggiungiamo che queste storie erano ideate da un certo Stan Lee e dalla Marvel si capirà quanto innovativo fosse quel progetto. La casa editrice in questione era la Corno editore. E’ a lei che dobbiamo l’avvento in Italia dell’Uomo Ragno, oggi conosciuto come Spiderman, e di tutto l'universo della Marvel. 
L’arrivo di questi super eroi in calzamaglia, tutt'altro che invincibili e che mostravano delle problematiche interiori, fu davvero una ventata d’aria fresca nel mercato dell’editoria di settore dove fino a quel momento avevano imperversato i fumetti della Bonelli, in particolar modo il mitico Tex Willer e Zagor, lo spirito con la scure.
Ricordo in particolare l’eccitazione provata nel leggere il primo numero dell’Uomo ragno (che conservo ancora imbustato). Quell’imbranato di Peter Parker era proprio uguale a me ma riusciva a riscattarsi con i suoi super poteri, anche se questi non erano sufficienti ad impedire che il suo adorato zio Ben venisse ucciso da uno sciagurato rapinatore o che la sua amata Gwen fosse uccisa dal Goblin, in uno degli episodi più sconvolgenti mai scritti. 
Ma vediamo com’è nata la leggenda di Spider-Man che proprio in questi giorni ha compiuto 50 anni dal suo avvento in Italia.
Correva l’anno 1962 e l’allora piccola casa editrice Marvel Comics aveva appena iniziato a pubblicare i suoi supereroi con superproblemi, nati dalla fervida immaginazione di Stan Lee e dell’illustratore Jack Kirby. Dopo i significativi successi de I fantastici 4, l’incredibile Hulk e il mitico Thor, Lee decise che era giunto il momento di proporre una serie che avesse come protagonista un adolescente. La sua idea de l’Uomo Ragno inizialmente non piacque al suo editore Martin Goodman ma il sorridente Stan andò dritto per la sua strada e fece uscire di soppiatto la prima avventura del suo nuovo eroe nel numero di agosto di una collana che, fatalità, era destinata a chiudere proprio quel mese: Amazing Fantasy. I disegni furono affidati a Jack Kirby ma Stan, non soddisfatto del risultato delle prime vignette, passò la matita a un illustratore timido e introverso come il super eroe chiamato ad illustrare: Steve Ditko. A sorpresa, in meno di un anno, l’Uomo ragno diventò il maggior successo della Marvel che decise di dedicare un intero mensile dell’arrampicamuri. Il resto è storia: nel luglio del 1964 apparve per la prima volta il nemico numero 1 di Spider-Man, Goblin, il folletto verde, destinato a divenire la sua nemesi.
Torniamo adesso in Italia. Quello della casa editrice diretta da Andrea Corno non fu un esperimento inedito, perché qualche supereroe prima di allora si era già visto dalle nostre parti: Linus, ad esempio, aveva pubblicato un paio di storie dei Fantastici Quattro. Le testate della Corno furono però qualcosa di differente, che fece scuola in Italia sul modo di trattare i fumetti dei supereroi, dimostrando in particolare di rispettare più di altri concorrenti il materiale originale.
Come dicevo, la Corno pubblicò gli episodi in ordine cronologico cercando di mantenere i nomi originali o al limite di adattarli, con calchi e traduzioni letterali (Uomo Ragno, Dottor Destino, Fantastici Quattro, il mitico Thor). Solo Daredevil divenne Devil, da una parte per conservare nel nome il legame con il diavolo, dall’altra perché la traduzione italiana di scavezzacollo non avrebbe funzionato.
Fu anche data importanza agli autori, che firmavano le storie in prima pagina. Sembrano tutte cose scontate in questi giorni in cui filologia è diventata una sorta di mantra per tutte le case editrici.
I lettori della Corno, invece, erano guidati all’interno del mondo Marvel, introdotti con pazienza  nella complessa ragnatela di relazioni interpersonali e di collegamenti tra le storie intrecciata da Stan - il sorridente - Lee. 
Accanto a Corno c’era un certo Luciano Secchi, meglio conosciuto come Max Bunker, indimenticabile autore di Kriminal e soprattutto di Alan Ford, che affiancò l’editore per molti anni, salvo poi allontanarsi per seguire i propri progetti. 
Il primo numero dell’Uomo Ragno presentava le tre storie di esordio del supereroe, tutte a cura di Stan Lee e Steve Ditko, i due creatori del personaggio: quella di Amazing Fantasy 15, con la presentazione di Peter Parker, il morso del ragno, la morte di Zio Ben e la celebre frase «Da grandi poteri derivano grandi responsabilità». In allegato all’albo, un ormai rarissimo poster. Come seconda storia trovò spazio il Dottor Strange, divenuto ora popolare dopo il film della Marvel ma che fino a pochi anni fa era considerato un eroe secondario nell’universo della casa delle idee. La copertina del primo numero italiano aveva una vignetta disegnata dai John Romita Sr., forse il disegnatore più amato dai fan dell’arrampicamuri, o perlomeno da me che all’epoca vissi come un lutto il passaggio delle matite da Romita a Gil Kane. Iniziava così l’età dell’oro della Corno. A L’Uomo Ragno seguirono L’incredibile Devil, I Fantastici Quattro, Capitan America, Il mitico Thor. Ogni testata pubblicava le storie del personaggio di copertina e aveva comprimari fissi in appendice, per rispondere al bisogno dei lettori italiani di fruire di albi più corposi. Chiuso il ciclo del Dottor Strange, Spiderman fu accompagnato da Ant-Man/Giant-Man, mentre Devil ebbe come compagni di viaggio prima Silver Surfer e poi Iron Man. A metà degli anni Settanta, i fumetti della Casa delle Idee erano uno dei pilastri su cui si reggeva l’Editoriale Corno, ma all’inizio del decennio successivo la favola di questa piccola casa editrice finì a causa di problemi finanziari e attriti tra Corno e Secchi. Quest’ultimo nel 1983 aprì la Max Bunker Press per pubblicare Alan Ford. Intanto, nel 1981, L’Uomo Ragno aveva chiuso, sostituito da una nuova pubblicazione, Il settimanale de L’Uomo Ragno. Tuttavia anche la seconda stagione del super eroe durò poco, per l’esattezza fino al febbraio del 1984. Dopo un breve passaggio alla Labor Comics, fu la Star Comics di Perugia, nel 1987, a riprendere la pubblicazione dell’Uomo Ragno – e a ruota di altri personaggi Marvel, con un approccio e una cura filologica che negli anni successivi sono stati raccolti da Marvel Italia prima e da Panini Comics poi.

SMART WORKING, SVANTAGGI E VANTAGGI
In questi mesi abbiamo assistito ad una rivoluzione nel mondo del lavoro. Se fino ai primi di marzo lo smart working era poco più di un termine cool con il quale rappresentare una condizione lavorativa relegata a una piccola comunità di privilegiati, con il coprifuoco causato dal coronavirus questo sistema di lavoro si è diffuso in maniera pervasiva. In due mesi l’Italia ha cercato di colmare un gap di vari anni rispetto ai paesi anglosassoni dove questa formula di collaborazione è stata già adottata con ottimi risultati. Milioni di italiani si sono alfabetizzati digitalmente, imparando a utilizzare le videocall e a effettuare le loro mansioni da remoto.
A causa dell'epidemia, i numeri in meno di due mesi sono diventati importanti: al ministero del Lavoro risultano attualmente 1.827.792 lavoratori attivi in modalità "agile". Si tratta di numeri probabilmente sottostimati perché non tutte le aziende hanno effettuato una corretta comunicazione al Ministero. Prima dell'epidemia erano solo 221.175 le persone che utilizzavano lo smart working. Vanno poi aggiunti i circa due milioni e mezzo di dipendenti della Pubblica Amministrazione. 
Con la fine della fase 1 molte aziende stanno valutando l’opportunità di estendere questa modalità di lavoro a molti dipendenti. I risparmi per le aziende sono evidenti, sia in termine di locazioni, che di banda, dotazioni hardware e software (spesso i dipendenti utilizzano le proprie postazioni), di luce elettrica, di buoni pasto e, in molti casi anche di maggiorazioni legate alle festività e agli orari notturni..
In effetti nel nostro Paese si ha una concezione dello smart working piuttosto distorta. Nei paesi anglosassoni, infatti, questa tipologia di lavoro è legata al raggiungimento dell’obiettivo da parte del dipendente, il quale può decidere se svolgere il proprio lavoro alcuni giorni della settimana anche al di fuori della propria sede aziendale.
Lo svolgersi delle proprie mansioni quotidianamente a casa non è dunque smart working, bensì telelavoro. 
Inoltre nello smart working è compito del datore di lavoro fornire la postazione informatica (Pc o notebook che sia) con tutti i relativi strumenti, e a quest' obbligo corrispondono anche alcuni poteri di controllo; nel caso  del telelavoro, invece, il lavoratore ha ampia facoltà di scelta su strumenti e modalità.
Lo smart working sarà anche al centro della fase 2 per evitare di affollare gli uffici e i mezzi pubblici: a incoraggiarne la prosecuzione c'è sia l'ultimo decreto del governo che il protocollo tra le parti sociali.
Il problema principale è rappresentato però da orario e straordinari. Molti dipendenti protestano (a ragione) poiché da un giorno all'altro si sono ritrovati impegnati quasi tutto il giorno, con uno spazio sempre più ristretto per la vita privata. Call a orari impossibili, anche nei giorni festivi, mail inviate nel cuore della notte. All’improvviso tutte le regole di convivenza sociale sono saltate scaricando sui lavoratori una serie di impegni pressoché continui. Ciò è esattamente l'opposto degli obiettivi che il lavoro agile si propone di raggiungere poiché dovrebbe prevedere una modalità più razionale che si concilia meglio con la vita privata. 
C’è poi un’altra differenza sostanziale. Se nello smart working è il lavoratore che decide orari e impegni del proprio lavoro, nel telelavoro è l’azienda a chiedere prestazioni lavorative notturne e festive. E da questo punto di vista molte aziende ci hanno marciato non riconoscendo questi diritti.
Il vero problema dello smart working è dunque legato anche al diritto del lavoratore a disconnettersi terminato l’orario di lavoro, senza essere assalito dai sensi di colpa se la domenica non legge le mail o non risponde a sollecitazioni pervenute su what’s app. Tutti questi problemi, compreso quello dei buoni pasto, sui quali si è accesa un’ulteriore polemica tra chi li considera dovuti e chi no, oppure il tema degli infortuni, dovranno essere affrontati con i contratti individuali o collettivi di lavoro.
Una cosa è certa: nessuno può restare sempre connesso.

BABYLON BERLIN 3 STAGIONE
E’ appena giunta a conclusione su Sky Atlantic la terza stagione di Babylon Berlin - ma tutti gli episodi sono disponibili on demand - la serie prodotta da Beta Film ambientata negli anni venti in una Berlino rutilante, dove accanto a cabaret dissoluti e una vita frenetica, affiorano minacciosi i simpatizzanti nazisti.
La terza stagione di Babylon Berlin riparte dalle tumultuose settimane che precedono il crollo del mercato azionario, il cosiddetto Black Friday.
I due protagonisti della serie sono ancora una volta il detective Gereon Rath e l’apprendista investigatrice Charlotte Ritter che combattono ancora una volta ciascuno contro i propri demoni. Da una parte infatti Gereon vorrebbe superare la sua dipendenza dalle droghe, mentre Charlotte fa di tutto per affermarsi in un dipartimento di polizia dominato soltanto da uomini, mentre cerca di dimenticare il suo fosco passato da prostituta.
Questa terza stagione si muove seguendo tre linee narrative. La storia principale è una classica detective story ambientata nel mondo del cinema. Un misterioso serial killer si aggira tra gli studi cinematografici mietendo vittime sul set di uno dei primi film sonori. Siamo in pieno cinema espressionista e la star della pellicola, Betty Winter, viene assassinata mentre è in scena. Sarà compito dei due poliziotti scoprire il responsabile di una lunga catena di omicidi che metterà alla luce anche loschi traffici legati alla criminalità organizzata. La seconda trama, invece, è incentrata sulla vita privata del commissario Rath. Sua moglie lo lascia per intrattenere una relazione extra coniugale con l’ambiguo Alfred Nyssen che sta mettendo a punto un piano finanziario che dovrebbe entrare in atto con la primi crisi economica.Il terzo segmento narrativo, infine, è quello che vede un giornalista indipendente indagare sul riarmo segreto della Germania. Su tutti i personaggi incombe il crollo della borsa di Wall Street nel cosiddetto Black Friday, e l’avvento al potere del partito nazista.
Prodotta da Tom Twiker, regista di Lola corre, la serie conferma la sua riuscita con un cast azzeccato, su tutti l’affascinante Liv Lisa Fries nei panni di Charlotte,  e la star tedesca  Volker Bruch in quelli dell’ispettore Rath.
La confezione è impeccabile e gioca abilmente con gli stilemi dell’espressionismo tedesco mentre il dramma assume toni sempre più cupi destinati ad esplodere probabilmente nella quarta stagione.

Vi ricordo che potete ascoltare il Podcast dedicato a questi argomenti su Spotify, Spreaker, Deezer, Podcast Addict, Podchaser, Apple Podcast e Google Podcast

Aggiornamenti ogni lunedì.

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